Contributo Csig alla consultazione online sul cyberbullismo

Contributo Csig Ivrea-Torino alla consultazione sulla bozza del Codice di Autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo

Oggetto: consultazione in  materia di cyberbullismo (scadenza 24 febbraio 2014)

In riferimento alla consultazione pubblica promossa in data 8 gennaio 2014 dal Ministero per lo Sviluppo Economico ad oggetto la bozza[1] del Codice di Autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyber bullismo consultabile al link, l’associazione Centro Studi di informatica Giuridica di Ivrea-Torino (acronimo CSIG, relativo blog consultabile al link: http://csigivreaorino.it) esprime apprezzamento per l’iniziativa, in quanto finalizzata a promuovere l’informazione, la sensibilizzazione e la cultura della prevenzione in materia di bullismo e intende partecipare alla stessa con il presente documento con osservazioni, integrazioni e suggerimenti.

Premesso che per contrastare un fenomeno complesso come il bullismo occorrerebbe promuovere la costituzione di reti sul territorio e concreti investimenti in risorse, persone, formazione e adottare una visione sistemica sia del mondo off-line e non solo on line, si suggerisce:

di integrare il testo della premessa del documento con un richiamo alle altre imprescindibili fonti normative di riferimento: in via esemplificativa e non esaustiva: la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000 C/364/01); le direttive privacy e quella sull’e-commerce e le rispettive leggi di recepimento; la Direttiva sulla lotta all’abuso sessuale e alla pedopornografia via internet del 27/10/2011;
di prevedere all’interno delle premessa e del documento, le definizioni corrette ed esaustive di bullismo e di cyberbullismo; in assenza di definizioni o in presenza di definizioni generiche, si evidenziano i gravi rischi di mancata applicazione del codice, di applicazioni arbitrarie e dell’inutilità dell’autoregolamentazione;
– di citare per completezza di analisi i precedenti documenti di autoregolamentazione in materia di minori ed internet[2].

All’interno della premessa, primo capoverso: “La progressiva diffusione in Italia del fenomeno del cyberbullismo, inteso come l’insieme di atti di bullismo e di molestia effettuati tramite mezzi elettronici come l’e-mail, la messaggistica istantanea, i blog, i telefoni cellulari e/o i siti web posti in essere da un minore”, sono riportati strumenti di comunicazione disomogenei e non sono citati i social media.

All’interno della premessa è riportato che “La crescente tendenza dei giovani a sviluppare, attraverso l’uso dei nuovi media, una forma di socialità aggressiva e violenta che può indurre all’adozione di quei comportamenti discriminatori e denigratori verso i propri coetanei che spesso sfociano in episodi di cyberbullismo, attraverso la diffusione di post ed immagini o la creazione di gruppi “contro”; si suggerisce, in considerazione dell’impatto di tale assunto di citare le fonti documentate, i dati, le pubblicazioni e le ricerche a fondamento di tale affermazione pericolosa che sembrerebbe demonizzare l’utilizzo di internet in un paese dove, a differenza degli altri paesi europei, solo il 50% della popolazione naviga on line.

Art. 1 del testo: ”Gli operatori che forniscono servizi di social networking, i fornitori di servizi on line, di contenuti, di piattaforme User Generated Content e social network che aderiscono al presente Codice, di seguito denominati “aderenti”, si impegnano ad attivare appositi meccanismi di segnalazione di episodi di cyberbullismo, al fine di prevenire e contrastare il proliferare del fenomeno”:occorrerebbe illustrare con chiarezza ai cittadini e agli operatori la differenza fra i fornitori di servizi di social networking e i fornitori di servizi on line.

Art. 3 del testo: “Gli aderenti si impegnano a rendere efficienti i meccanismi di risposta alle segnalazioni (effettuati da personale opportunamente qualificato) azionati in termini di tempi di rimozione dei contenuti lesivi per la vittima del cyberbullismo, non superiori alle 2 ore dall’avvenuta segnalazione, al fine di evitare che le azioni si ripetano e/o si protraggano nel tempo, amplificando gli effetti che la condotta del cyberbullo ha in Rete sulla vittima, per la quale l’efficacia della segnalazione costituisce l’unico strumento possibile di controllo.
2- Gli aderenti si impegnano, per quanto tecnicamente possibile e praticabile, a garantire ulteriore efficacia al contrasto del fenomeno del cyberbullismo anche attraverso l’oscuramento cautelare temporaneo del contenuto lesivo segnalato”: si segnala come non sia specificato cosa si intenda per “personale altamente qualificato” e non sia evidenziato il ruolo strategico della formazione continua e dell’aggiornamento professionale degli operatori. Si sottolinea come non sia descritta e regolamentata in modo adeguato la procedura di notice&takedown e come il termine indicato di due ore sia troppo ristretto e comporti costi e problemi organizzativi e gestionali a carico delle piattaforme on line.
Il sopra citato termine “oscuramento” (termine a-tecnico) sembrerebbe far riferimento alle attuali procedure di inibizione all’accesso dei siti attuate in sede penale contestualmente alle ordinanze di sequestro preventivo ma il sopra citato articolo sembra riferirsi nel caso in esame a provvedimenti da adottare senza neppure un ordine dell’Autorità giudiziaria.

Art. 4: “Nel rispetto della normativa sulla riservatezza dei dati personali, gli aderenti potranno promuovere e attuare apposite politiche che consentano alle Autorità competenti di risalire all’identità di coloro che utilizzano il servizio per porre in essere comportamenti discriminatori e denigratori con l’intento di colpire o danneggiare l’immagine e/o la reputazione di un proprio coetaneo”.Si rileva come non si comprenda quali siano le autorità competenti; occorrerebbe inserire un richiamo chiaro ed esplicito all’autorità giudiziaria; si osserva come non abbia senso la previsione di coetaneo, si propone a tal fine di inserire “...l’immagine e/o la reputazione del minore”.
Art. 4 secondo comma: “Gli aderenti si impegnano altresì a sensibilizzare con campagne di formazione e informazione sull’uso consapevole della Rete, ciascuno per quanto di propria competenza e sulla base di linee guida indicate dal Comitato di cui all’articolo 5, l’utenza Internet sulla possibilità per chi pone in essere comportamenti discriminatori e denigratori con l’intento di colpire o danneggiare l’immagine e/o la reputazione di un minore di essere scoperto e per le vittime sulla concreta possibilità di difesa offerta dal presente Codice
Si suggerisce di prevedere l’attivazione di una rete di mediazione sul territorio: persone fisicamente vicine alla vittima e ai bulli, perché il bullismo nasce offline: occorre lavorare insieme ai ragazzi sulla consapevolezza di quello che postano e che scrivono quando sono online piuttosto che inserire norme e regole.
Si suggerisce di segnalare on line sul sito del Ministero per lo Sviluppo Economico le best practice in materia di prevenzione e contrasto in materia di bullismo (es. le prassi di riconciliazione tra vittima e bullo attuate presso i Tribunali dei Minori) e di coinvolgere maggiormente il Miur, le università e i centri di ricerca[3], le scuole, nella pianificazione di corsi, seminari, eventi on line, web seminar informativi in streaming, campagne informative in primis per gli adulti.

All’art. 5, 1. “Al fine di monitorare periodicamente l’effettiva applicazione del Codice da parte degli operatori aderenti, è istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico un Comitato di monitoraggio, composto da esperti di comprovata esperienza e professionalità sulle tematiche connesse alla protezione dei minori e all’utilizzo delle nuove tecnologie e dai firmatari del presente Codice.
2. In esito al monitoraggio, qualora venga riscontrato il reiterato mancato rispetto degli impegni assunti con il presente Codice da parte dei Firmatari, il Comitato potrà, in esito ad apposita procedura, formulare uno specifico Richiamo nei confronti dell’Aderente che se ne sia reso responsabile.
3. Il Comitato ha, inoltre, il compito di favorire studi e ricerche sul fenomeno del cyberbullismo anche attraverso una relazione annuale sul fenomeno e sull’efficacia delle misure intraprese dagli Aderenti.
4. La partecipazione al Comitato non comporta oneri per lo Stato”.

Si suggerisce di:

integrare che il sopra citato richiamo sarà pubblicato on line sia sulle pagine del Comitato sia sulla piattaforma attraverso la quale si è compiuto il comportamento illecito;
– prevedere delle regole di comunicazione da parte  del Comitato di un nuovo termine per ottemperare;
– prevedere sanzioni più severe ed incisive nel caso di reiterazioni dei comportamenti di cyberbullismo attraverso le piattaforme on line;
– inserire specifici pittogrammi di segnalazione di “criticità cyberbullismo” nella home page delle piattaforme e dei siti.

L’iniziativa dell’adozione di un codice di regolamentazione su una tematica cosi delicata è lodevole ma sfugge al cittadino, al genitore, al docente quale sia la struttura di presidio, l’ente che la vittima del cyberbullismo, il genitore può contattare e attraverso quali canali (mail, telefono, fax).

Si suggerisce di prevedere, nell’ottica migliorativa:

– forme di revisione periodica e aggiornamento del codice;
– pubblicazione on line dei verbali e degli atti del Comitato nell’ottica di trasparenza e condivisione della conoscenza;
– l’approfondimento della tematiche della responsabilità dei genitori per gli episodi di cyberbullismo e della comunicazione degli episodi di bullismo da parte degli organi di informazione (tenuti al rispetto del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica).

Si resta a diposizione per ogni ulteriore ed eventuale approfondimento e nel complimentarci per la preziosa iniziativa in oggetto nella complessa attuale fase di innovazione tecnologica, si inviano i più cordiali saluti.
Presidente dell’associazione
Associazione Centro Studi di Informatica Giuridica di Ivrea-Torino (CSIG Ivrea-Torino)
Mauro Alovisio (333-3597588)

Hanno contribuito alla stesura del presente documento: Avv.Mauro Alovisio, Ing. Marco Baldassari; Dott.ssa Paola Chiesa; Dott. Alberto Rossetti, Avv. Monica Senor.
Il presente documento è edito con licenza creative commons (CC BY-NC-SA 3.0 IT)


[1] La sopra citata bozza è stata redatta al termine di un tavolo di lavoro presieduto dal Vice Ministro dello Sviluppo economico Antonio Catricalà, al quale hanno partecipato rappresentanti delle Istituzioni (Mise, Agcom, Polizia postale e delle comunicazioni, Autorità per la privacy e Garante per l’infanzia), delle Associazioni (Confindustria digitale, Assoprovider ecc.) e degli operatori (Google, Microsoft ecc.).

[2] V. Ministero delle Comunicazioni; Codice di autoregolamentazione Internet e minori, del 2003; per approfondimenti: http://www.diritto.it/materiali/consumatori/dona8.html

[3] Si segnala a riguardo il Centro di Ricerca su Internet e società Nexa del Politecnico di Torino; v. per approfondimenti.  http://nexa.polito.it/

Contributo Csig a mozione su Open Data e software libero

Revisione testo finale mozione su Open Data e software libero.
La nostra associazione Centro Studi di Informatica Giuridica di Ivrea-Torino (CSIG) ha collaborato alla revisione del testo finale delle mozione congiunta  del Consiglio Comunale di Torino su OPEN DATA e SOFTWARE LIBERO, che oggi, 19 settembre 2012 è stata discussa e approvata nella riunione del consiglio comunale. Le mozioni erano state precedute da  alcune audizioni presso le commissioni consigliari  degli  esperti del comitato di Torino Digitale , fra cui il prof. Juan Carlos De Martin, Co-direttore del Nexa Centro di ricerca su Internet e Società;  Fabio Malagnino e Vittorio Pasteris (comitato al quale Cisg aderisce)Le due mozioni presentate  hanno avuto l’approvazione bipartisan di tutte le forze politiche (PD, Forza Italia, Movimento 5 stelle, Lega, IDV  et.),  un segnale importante per i temi dell’innovazione.. un segnale di speranza nei tempi cupi che stiamo attraversando.

Dopo un minuto di silenzio e cordoglio sentito della citta per la morte di Giovanni Porcellana sindaco di Torino dal 1970 al 1973, e un breve discorso del sindaco Fassino,  la consigliera Fosca Nomis ha illustrato la mozione Open Data, con la quale il comune si impegna a mettere on line  a disposizione dei cittadini  le informazioni e i dati raccolti ed elaborati  dal Comune e dalle azinede municipalizzate con soldi pubblici, per aumentare la trasparenza e consentire anche a privati di utilizzare i dati per  creare  ulteriore valore aggiunto (nuovi servizi e imprese) in questa difficile fase di crisi economica che attraversiamo.
La mozione  prevede che i dati siano in formato digitale aperto, facilmente consultabili,  elaborabili ed interoperabili, con  altre banche dati. Il consiglio comunale   ha richiesto  di monitorare lo stato dell’arte dello sviluppo degli open data; gli uffici dovranno relazionare al Consiglio  in merito ‘evoluzione dei risultati del processo di apertura dei dati.Il consigliere Marco Muzzarelli ha quindi presentato la seconda mozione sul  Software Libero, che , nell’ottica della Smart City è strettamente connessa con la mozione open data,  nell’ottica di apertura e condivisione dii dati e delle  informazioni anche in altri luoghi, non solo torinesi, e possano essere utilizzati per creare valore aggiunto. Il testo della mozione è consultabile sul sito dello stesso consigliere: http://www.marcomuzzarelli.it/wp-content/uploads/2012/09/20120919-mozione-sw-libero-DEF.pdf
Ora diventa necessario, secondo i consiglieri,  per tradurre nel concreto le preziose mozioni  istituire un tavolo tecnico di lavoro per iniziare a discutere insieme di questi dati. Sarebbe utile secondo i consiglieri organizzare una serata  a porte aperte in sala rossa  su tali materie al fine di coinvolgere Università, Centri di Ricerca 

Nell’ intervento  della Consigliera Montalcini: si è evidenziato  come analoga mozione era stata presentata nel 2002 e approvata nel 2003 e si richiede di   andare a verificare  lo stato di attuazione della delibera di dieci anni fa.  Secondo la Montalcini sarebbe stato  opportuno citare la precedente mozione nel nuovo testo. sarebbe utile secondo la consigliera conoscere lo stato dell’arte di tutte le mozioni presentate e votate dal cosniglio anche in un’ottica di trasparenza, di economicità ed efficienza.

Nell’ intervento del consigliere  Bertola del Movimento 5 Stelle ha   sottolineaato  il sostegno a queste due mozioni, molto importanti sia per aspetti economici che di trasparenza e ha richiesto di approfondire gli esiti della precedente mozione in materia di software libero di dieci anni prima: è opportuno chiedersi quali siano  le resistenze interne, che comunquesi riscontrano  nella vita di tutti i giorni nel percorso del software libero. “Ad esempio le riprese del consiglio che sarebbero open data, non sono immediatamente pubblicabili. Inoltre viene consegnato a ciascun consigliere un computer con windows. Ora e’ stato consegnato un ipad e noi ci siamo rifiutati di ritirarlo, poiche’ e’ l’ambiente piu’ chiuso che si possa concepire”.
La votazione approva entrambe le mozioni con la totalità dei presenti a favore. Le mozioni sono approvate.
per seguire la registrazione audio e video della seduta del consiglio:
http://www.comune.torino.it/consiglio/documenti/cc/vol/Verbali1.asp
Nel corso della seduta del 14 luglio 2012 della I Commissione del consiglio comiunale di Torino erano state discusse le proposte di mozione su Open Data e Software Libero, primi firmatari i consiglieri democratici Fosca Nomis e Marco Muzzarelli. Le mozioni propongono che l’amministrazione torinese favorisca l’accessibilità on line e la libera riutilizzazione dei suoi dati e si avvalga progressivamente di software liberi e non a pagamento.
“Un primo passo – ha commentato la Consigliera Nomis – per rendere questa città un laboratorio per la sperimentazione di pratiche che favoriscano la partecipazione dei cittadini e lo sviluppo di un ecosistema digitale, partendo dal presupposto che qui esistono le conoscenze e le competenze per fare di Torino la prima vera Città Digitale d’Italia”. “Il Comune, anche attraverso le sue aziende partecipate, gestisce una grande quantità di set di dati – ha concluso Nomis – che possono essere resi disponibili, favorendo da un lato la trasparenza e dall’altro la ricerca e lo sviluppo di servizi on line innovativi”.
“Abbiamo deciso di presentare congiuntamente queste due proposte perché entrambe intendono stimolare il ricorso alle nuove tecnologie con la duplice finalità di promozione dello sviluppo e razionalizzazione delle risorse, in linea con gli obiettivi della nostra amministrazione” ha precisato il Consigliere Muzzarelli che nella mozione a sua firma propone all’amministrazione di verificare tempi e costi per una migrazione al software libero degli applicativi e delle postazioni attualmente in uso in Comune.

Legge Regionale Open Data

Disegno di legge / Proposta di legge n. 196 Regione Piemonte (Open Data)

Memoria congiunta dell’Associazione Centro Studi di Informatica Giuridica (CSIG) di Ivrea-Torino e del Centro Nexa su Internet e Società del Politecnico di Torino.

Memoria consultazione legge regionale open data

Il Centro di ricerca Nexa e il Csig esprimono apprezzamento  per il disegno di legge  regionale in materia di riuso, che concorre a mantenere il Piemonte all’avanguardia in Italia nell’ambito dei dati aperti. Tale disegno di legge costituisce un ulteriore  punto  di  riferimento  per  le  altre pubbliche  amministrazioni  italiane,  che  già hanno apprezzato e preso ad esempio il portale www.dati.piemonte.it (oggi  affiancato  dal portale  nazionale  www.dati.gov.it).  Questa proposta  di  legge  può  dunque  ottimamente accompagnare  e  rafforzare  un  processo  di apertura dei dati pubblici già in atto in Piemonte.

Si  sottolinea  l’importanza  delle  opportunità offerte dal riuso per finalità commerciali in un periodo di forte crisi economica (e si propone di rimarcare  questo  profilo  strategico  anche nella relativa relazione accompagnatoria).

Il disegno di legge è di interesse in quanto si colloca  in  un  contesto  di  ridefinizione  e aggiornamento delle direttive europee in materia di  riuso  e  di  protezione  dei  dati  personali.  Il Centro  Nexa  ed  il  Csig  si  mettono  dunque  a disposizione  della  Regione  per  rafforzare  le attuali sinergie ed eventualmente approfondire i profili di privacy e di proprietà intellettuale, ma anche  di  stardardizzazione  tecnologica, nell’ambito  dei  futuri provvedimenti  di attuazione.

Si apprezza lo strumento della consultazione e si incoraggia l’estensione di tale modello anche alla fase istruttoria della stesura dei regolamenti di attuazione.

Si  propone  di  istituire,  come  strumento  di promozione  della  cultura  del  riuso,  specifiche giornate di studio e confronto (fruibili anche in streaming) e di prevedere momenti di formazione a distanza, al fine di accompagnare gli enti e le strutture nel complesso, ma fruttuoso percorso di apertura dei dati pubblici.

Contributo Csig alla consultazione su PA e smart city

Consultazione su “Raccomandazioni alla pubblica amministrazione per la definizione e sviluppo di un modello tecnologico di riferimento per le smart city”

L’associazione Centro Studi di Informatica Giuridica di Ivrea-Torino, in riferimento alla consultazione pubblica ad oggetto il documento “Raccomandazioni alla pubblica amministrazione per la definizione e sviluppo di un modello tecnologico di riferimento per le smart city” sottopone ad DigitPa entro la data prevista del 19 agosto p.v. alcune brevi osservazioni in modo da contribuire alla diffusione della cultura e dell’innovazione in ambito digitale.

Codice Amministrazione Digitale-CAD

Il CAD e il software open source
Dal giorno 12/08/2012 è entrato in vigore il nuovo articolo 68 del Codice  di Amministrazione Digitale modificato dal governo Monti che fa si che il software libero diventi la norma nella Pubblica Amministrazione:
Solo quando la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostri l’impossibilita’ di accedere a soluzioni open source o gia’ sviluppate all’interno della pubblica amministrazione ad un prezzo inferiore, e’ consentita l’acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso. La valutazione di cui al presente comma e’ effettuata secondo le modalita’ e i criteri definiti dall’Agenzia per l’Italia Digitale, che, a richiesta di soggetti interessati, esprime altresi’ parere circa il loro rispetto.
Dunque solo nel caso sia impossibile utilizzare del software libero le Pubbliche Amministrazioni sono autorizzate ad usare soluzioni proprietarie. Questo è un grande passo in avanti non solo dal punto di vista etico ma anche dal punto di vista economico visto che nella maggior parte dei casi il software libero è anche gratuito, oppure comporta costi di licenza e manutenzione con un rapporto qualità/prezzo più vantaggioso.
CAD – Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82

Testo vigente al 12/08/2012

Testo redatto al solo fine di facilitare la lettura del Codice dell’amministrazione digitale a seguito delle modifiche ed integrazioni introdotte dal decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83 e 6 luglio 2012 n 95 (convertiti con modificazioni, rispettivamente, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 e L. 7 agosto 2012, n. 135).

Articolo 68

Analisi comparativa delle soluzioni.
1. Le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato:
a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione;
b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione;
c) software libero o a codice sorgente aperto; 
d) software combinazione delle precedenti soluzioni.
Solo quando la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostri l’impossibilità di accedere a soluzioni open source o già sviluppate all’interno della pubblica amministrazione ad un prezzo inferiore, è consentita l’acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d’uso. La valutazione di cui al presente comma è effettuata secondo le modalità e i criteri definiti dall’Agenzia per l’Italia Digitale, che, a richiesta di soggetti interessati, esprime altresì parere circa il loro rispetto.(191)

Wi-Fi aperto Regione Piemonte

WI-FI senza autenticazione – Torino prima città in italia

Legge regionale n.5 del 22 aprile 2011

Interventi a sostegno della realizzazione di servizi di accesso Wi-Fi gratuiti e aperti

Mercoledì 27 giugno presso il Palazzo della Giunta Regionale in Piazza Castello a Torino si è tenuta una Conferenza Stampa per annunciare la disponibilità dei punti di accesso Wi-Fi libero (senza autenticazione) in alcune zone del Centro di Torino. Alla conferenza erano presenti l’Assessore Massimo Giordano, il Vice Presidente del Consiglio regionale Roberto Placido, il Direttore regionale all’Innovazione Roberto Moriondo.Durante la conferenza stampa, Roberto Placido, relatore e primo firmatario della normativa sul wi-fi, ha ringraziato di fronte alle telecamere i soggetti che hanno partecipato alla consultazione on line della legge regionale (L.R. 22 aprile 2011 n. 5 “Interventi a sostegno della realizzazione di servizi di accesso Wi-Fi gratuiti e aperti”) e ha citato il contributo dell’Università degli Studi di Torino, del Politecnico, del Centro di ricerca su internet e società e dei vari soggetti che hanno contributo alla realizzazione del progetto (tra cui CSI, CSP e l’ associazione Centro Studi di Informatica Giuridica di Ivrea e Torino).Durante l’incontro è stato verificato in diretta che è possibile fruire del “WI-FI Libero” con dispositivi mobili (tavolette, ebook, telefonini, portatili) non soltanto all’interno del Palazzo della Giunta regionale, ma anche all’esterno, nella maggior parte della Piazza Castello. Il servizio Wi-Fi è gratuito e non ha alcun limite di tempo. Soprattutto è aperto: offre cioè la possibilità di navigare in internet senza l’autenticazione preventiva dell’utente che si collega alla rete (includendo quindi turisti e/o studenti stranieri) e viene reso disponibile presso tutte le sedi della Regione Piemonte con un raggio di copertura che abbraccia le strade adiacenti, come per esempio corso Regina Margherita e Rondò della Forca.Si tratta del primo caso in Italia e pone il Piemonte in Europa: secondo il relatore Roberto Placido, la legge regionale ha il merito di superare il precedente regime di chiusura imposto dal Decreto Pisanu,  che richiedeva una onerosa e complessa procedura di autenticazione e identificazione del soggetto giuridico, prima di consentire l’accesso alla rete.La scelta del Wi-Fi libero costituisce, infatti, la misura della apertura di un Paese e può produrre, abilitando altre scelte politiche strategiche di innovazione digitale, un sostanziale incremento del PIL.E’ stato sottolineato che la legge è stata approvata all’unanimità (con il voto di tutte le forze politiche: Pd, Forza Italia, Lega, Movimento 5 stelle) ed è finalizzata a garantire l’accesso a tutti e a rimuovere gli ostacoli che limitano la conoscenza e determinano una discriminazione sul piano sociale, economico e culturale. La disponibilità di punti di accesso libero può contribuire a rendere più competitivo il territorio piemontese e portare le amministrazioni pubbliche a diventare più vicine ai bisogni dei cittadini digitali.Il Consigliere regionale, infine, ha confermato che sarà emanato a breve un bando per progetti wi-fi per Comuni, enti pubblici, biblioteche, associazioni, locali dal previsto importo di 500.000 euro.
Durante la conferenza stampa è stato rilasciato un sintetico comunicato stampa nel quale è specificato che la connettività necessaria all’erogazione del servizio wi-fi è fornita dal Csi Piemonte, che è in possesso di un’autorizzazione generale per servizio di installazione e fornitura di una rete pubblica di comunicazione elettronica.

Il Wi-Fi libero costituisce una pietra miliare dell’innovazione: non è una iniziativa estemporanea, ma si colloca in un processo di riconoscimento di diritti di cittadinanza digitale e costituisce pertanto una pietra miliare per i servizi di cittadinanza digitale. Sebbene per ora il wi-fi sia fruibile solo nei pressi dei palazzi della Regione Piemonte, speriamo che il “contagio wi-fi” si propaghi nelle stazioni ferroviarie, nella metro, in aereoporto, e presso tutti parchi, scuole, ospedali e università.

È importante pertanto pubblicizzare questa iniziativa e diffondere le best practice di allargamento dei diritti di cittadinanza digitale: per turisti, cittadini e imprese, la disponibilità di punti di accesso libero a internet costituisce una prima ottima e incoraggiante notizia.